Non sono pochi i personaggi biblici che godono di una
certa notorietà per il grande pubblico, ma fin troppo spesso sono “conosciuti” senza una reale analisi
che permetta almeno uno sguardo d’insieme rispettoso. Abramo è certamente tra
quelli dalla più nota fama e la prova d’indagine che Marco Manco, autore di Una storia di fede. Abramo (Tau Editrice-Todi
2020), dà in questa sua opera prima è al tempo stesso pregevole e coraggiosa in
tal senso. Il pregio più evidente risiede certamente in una scrittura asciutta
e molto curata, sviluppata in 14 capitoli, che non scade mai in un’eccessiva
ricerca che allontani l’interesse e la curiosità del lettore più sprovvisto di
conoscenza biblica; il coraggio, a nostro avviso, nel parlare con uno sguardo
di cura dell’uomo d’oggi attraverso gli occhi di un uomo che col suo vissuto ha
attraversato i millenni. L’autore, docente di Religione Cattolica della Diocesi
Suburbicaria di Albano, in servizio presso il Liceo Blaise Pascal di
Pomezia (Roma), catechista e operatore pastorale, mette insieme nella sua
narrazione l’angolatura umana di chi conosce la complessità del nostro tempo,
vissuta nel dialogo e nel confronto quotidiano con i suoi giovani alunni, e la
fine competenza biblica, frutto di studi di specializzazione in tal campo
svolti presso la Pontificia Università Gregoriana. La sua lettura
dell’esperienza vivace di quest’uomo di molti secoli fa, riferimento fondamentale
dei tre grandi monoteismi mondiali, è sviscerata nella sua più profonda umanità
per renderlo vicinissimo alla nostra fragilissima, stentorea e frammentaria
esperienza dell’oggi. Non un superuomo, il protagonista del libro, ma un nomade
in cammino che percorre strade sconosciute e inesplorate, lanciando il cuore
oltre l’ostacolo, af-fidandosi ad un Dio a cui oggi il suo nome è legato come
da un filo rosso (quante volte si ascolta o si legge nelle più svariate
occasioni del “Dio di Abramo?”) che lo porta verso continue esperienze nelle
esperienze, intricando i suoi passi e desideri con le Sue parole e sogni
per lui ed ogni uomo, attraverso di lui.
“Si può ancora credere? Si può ancora mettere in gioco la
vita, con il suo passato e il suo futuro, per ascoltare una promessa altra che
sconvolge i sentieri ordinari della storia ed innesta, nel turbine di ogni
Babele, un desiderio e una speranza nuovi?”, è la domanda chiave, a nostro
avviso, che si pone l’autore in apertura (p.13), quasi per tracciare il
tragitto, non senza inciampi, che Abramo vivrà in pienezza, senza sconti. Abramo
percorrerà ogni tappa, fino in fondo, talvolta partendo da uno sguardo
ripiegato su sé stesso ma chiamato, davanti ad ogni umano rischio di
accomodamento, a guardare alla posterità, al dopo, allo sguardo di Dio
che nella benedizione gli fa toccare con mano la gioia e la pienezza della sua
discendenza. La ricchissima serie di episodi raccontati nei capitoli del Libro
della Genesi che ne parlano sono letti da Manco con uno stile e una puntualità che
incede e presenta una scrittura piacevole e adulta, scevra da scorrette visioni
sull’argomento che svilirebbero la portata antropologica che Abramo, con il suo
vissuto, porta con sé.
Il testo, nel suo
insieme, si presenta come un riuscitissimo e vincente esercizio di ermeneutica
biblica, un lavoro ben solido che non tralascia mai né la precisione della
critica esegetica, portata avanti con equilibrio e accessibilità anche al
lettore meno fornito di strumenti critici, né la lucidità della teologia
biblica che ne legge le tracce, individuando non nelle risposte ma nel coraggio
delle questioni costantemente aperte una forte chiave di lettura del
personaggio. È un uomo di alleanza, il nostro Abramo; un uomo che attraverso le
ferite dell’esistenza ha riempito fino al colmo le giare della testimonianza e
della radicalità di una fede cresciuta passo per passo, camminando con Dio per
percorsi mai lineari ma sempre coerenti con la sua sete di ricerca: obbedisce,
ma pone in discussione nel suo cuore le richieste che Dio gli fa; ascolta, ma
si interroga su quanto è chiamato a compiere; cammina, ma è affascinato
dall’idea di fermarsi. Non conosce però la staticità, in nessuna delle sue
possibili declinazioni. Manco, infatti, trasmette vivacemente la fedeltà al
cammino che caratterizza il protagonista, un uomo che “vive di certezze, di
convinzioni profonde e il cammino che egli intrattiene con Dio è destinato a
far crollare e cadere ciascuna di esse” (p.201).
Un per-corso vero, quello intrapreso dal protagonista e
dalle persone a lui più vicine come la moglie Sara, il nipote Lot, i figli
Ismaele e Isacco, (solo per citarne alcuni), che davanti a sé ha chiamate
avventurose e sempre poste sul crinale del rischio, come quando Abramo è
chiamato a compiere forse la più inumana delle sua azioni, uccidere e offrire
il figlio della promessa e della benedizione, il tanto desiderato Isacco, su un
monte posto nel territorio di Moira; richiesta, quella di Dio, che si rivelerà
essere la prova per saggiare la sua capacità di comprendere che ciò che è benedizione non è e
non deve mai essere posseduto, cadendo nella tentazione dell’ora e in questo
momento, ma nella tensione verso il futuro, che delinea l’eternità
dell’amore di Dio contenuto nei suoi gesti di scelta, amore, alleanza,
elezione per e con Abramo. Questa scena è illustrata in uno dei capitoli a
nostro parere più coinvolgenti del libro, il capitolo 10, in cui si illumina il
motivo per cui “Abramo non può trattenere per sé e presso di sé l’elezione, non
può essere un semplice privilegiato, non può trattenere “come un tesoro geloso”
il proprio figlio, ma deve guardare a quel figlio per riconoscere in lui
l’azione di un Dio che non si è limitato a renderlo padre, ma vuole renderlo
padre di molti popoli” (p.262). Abramo illumina così la logica del dono, di cui
è testimone, tramite e destinatario, del dono della pienezza dell’esistenza,
un’esistenza che è storia, “una storia seria perché è storia che ci riguarda,
riguarda la vita e il futuro, la generazione e l’amore” (p.264). Un libro
vivamente consigliato e capace di parlare a tutti e che parla a tutti entrando
nelle nostre storie con la storia di un uomo di altri tempi che appartiene a
tutti i tempi, un uomo di fede che risponde al nome di Abramo. Il lavoro di
Marco Manco è prova di saggia e intelligente esegesi, che legge la Parola
“traducendola” per il nostro vivere, la nostra storia, che è sempre una storia
di fede, come quella di Abramo.
*
Giovanni Francesco Piccinno
Docente di Religione Cattolica della Diocesi di Albano e catechista, collaboratore del blog "Theologhia. Briciole di Teologia" di Robert Cheaib e membro di redazione della rivista "Nipoti di Maritain". Conseguita la Laurea Triennale in Filosofia presso l’Università del Salento nel 2012, prosegue gli studi di specializzazione presso l’Università di Firenze. Nel 2019 consegue la Laurea Magistrale in Scienze Religiose presso l’ISSRM di Lecce; attualmente sta conseguendo il Baccellierato in Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma. Si interessa di questioni attuali di Teologia Dogmatica, Fondamentale e Storia della Teologia, per comunicare contestualmente l'attualità e la vitalità delle problematiche della religiosità e della fede.
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