«A von Balthasar
appartiene a pieno titolo l’appellativo di teologo. Nessuno come lui ha saputo
tenere fisso lo sguardo sul mistero dell’amore trinitario di Dio, per elaborare
una riflessione teologica che permettesse all’uomo di oggi di porre attenzione
alla proposta cristiana». Queste parole chiare di Rino Fisichella costituiscono
un doppio spunto di riflessione sia sull’essenza del ministero del teologare sia
sul distintivo del teologo di Basileia. Questo distintivo rischia di
essere perso di vista davanti a una disattenta sosta dinanzi alla sua sconfinata
produzione. Mi ritorna alla mente una battuta del compianto Michael Paul
Gallagher: «Balthasar ha scritto più di quanto la maggior parte degli studenti
di teologia leggerà in tutta la loro vita». Dinanzi a una produzione così, una
guida semplice e prossima al sentire di Balthasar è più che preziosa. Ed è appunto
questa l’opportunità del recente volume di Rino Fisichella, già docente della
Pontificia Università Gregoriana e presidente del Pontificio Consiglio per la
promozione della Nuova Evangelizzazione.
Naturalmente, di
guide e di studi sull’opera di Balthasar ne sono state scritte a centinaia. Ma
direi che quest’opera resta giustificata da tre caratteristiche interessanti:
la sinteticità, l’accessibilità e l’amicizia.
Quanto alla
sinteticità, il volume, in meno di
trecento pagine, presenta una panoramica interessante su diversi temi balthasariani
prediligendo, in fedeltà all’afflato dell’autore di Gloria (Herrlichkeit),
la chiave della bellezza che traspare già dal titolo La bellezza è la prima parola. Rileggendo Hans Urs von Balthasar.
Quanto all’accessibilità,
appare chiaro che il volume è frutto di una lunga frequentazione dei testi di
Balthasar, una frequentazione che ha permesso a Fisichella di snocciolare i
temi balthasariani in una chiave più semplice che ne mostra la pertinenza e l’importanza
anche a chi non è un addetto ai lavori.
Infine, l’amicizia.
Già dalle prime pagine del libro traspare che Balthasar per Fisichella non è
solo un tema di studio, ma una personalità. Naturalmente, il fascino dello
studio di una tale persona non risiede nella curiosità che potrebbe suscitare
un uomo definito come «l’uomo più colto del ventesimo secolo», ma in quanto teologo
innamorato di Cristo e immerso nella contemplazione trinitaria. Il fascino dello studio, in fin dei conti,
risiede nell’“attrattiva Gesù” che, come universale concreto è presente in ogni
pagina di Balthasar, anche quando scrive di letteratura. Alla luce di quest’approccio
amicale, Fisichella sa dare rilievo anche al dialogo unico che Balthasar ha
vissuto con la mistica Adrienne von Speyr e verso la quale non ha mai nascosto
il suo debito come teologo: «[…] le intuizioni di questa donna hanno
influenzato i miei libri (Il cuore del mondo, La questione di Dio,
La teologia dei tre giorni), e diversi altri che essenzialmente sono una
trascrizione teologica di quanto appreso direttamente da lei».
Celebri sono le
parole che aprono il primo volume di Gloria: «La bellezza è l’ultima
parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa
altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice
astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto. Essa è la bellezza
disinteressata senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma
che ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi per
abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza. Essa è la bellezza che non
è più amata e custodita nemmeno dalla religione ma che, come maschera strappata
al suo volto, mette allo scoperto dei tratti che minacciano di riuscire
incomprensibili agli uomini. Essa è la bellezza alla quale non osiamo più
credere e di cui abbiamo fatto un’apparenza per potercene liberare a cuor
leggero. Essa è la bellezza infine che esige, come oggi è dimostrato, per lo
meno altrettanto coraggio e forza di decisione della verità e della bontà e che
non si lascia ostracizzare e separare da queste sue due sorelle senza
trascinarle con sé in una vendetta misteriosa. Chi al suo nome increspa le
labbra al sorriso, giudicandola come il ninnolo esotico di un passato borghese,
di costui si può essere sicuri che, segretamente o apertamente, non è più capace
di pregare e, presto, nemmeno di amare».
Queste parole
sono il preludio di una rielaborazione e una riscoperta teologica che – come puntualizza
bene Fisichella – è stata capace di spezzare la “svolta antropologica” che Karl
Rahner aveva presentato come l’unica vera soluzione per la teologia
postconciliare.
Non bisogna opporre
i due teologi, ma cogliere la complementarietà dell’alternativa. Senza
rinunciare alla filosofia o all’antropologia, Balthasar mostra che «quando il
mistero si rivela la prima risposta non può essere quella che proviene dalla
ragione filosofica». La “terza via” di accesso al mistero di Dio non è né cosmologica,
né antropologica, ma è la via dell’amore. Fisichella puntualizza: L’amore cui
Balthasar fa riferimento è lontano da ogni teoria filosofica o dal mito
religioso. È l’amore che si è fatto uomo e in cui si rivela e rende tangibile
Dio: «Questo amore deve essere duplice: amore di Dio Padre che permette al Dio
Figlio di avventurarsi nell’obbedienza assoluta della povertà e dell’abbandono,
là dove egli non è più che un ricettacolo dell’“ira” divina; e amore del Dio
Figlio che per amore si identifica con noi peccatori (Eb 2,14), compiendo in
libera obbedienza in tutto ciò la volontà del Padre» (p. 78).
Il testo di
Fisichella è uno sguardo “con occhi semplici” sui “punti fermi” del pensiero
balthasariano. È un invito alla lettura arricchito dalla sintesi e dalle
sinapsi dell’A. con Hans Urs von Balthasar.
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